COS’È IL CUORE D’ATLETA?

“Cuore d’atleta”, o sindrome del cuore d’atleta, è un’espressione che in campo medico non indica solo metaforicamente l’eccellente stato di salute cardiovascolare di chi si allena con costanza, ma fa riferimento a specifici e misurabili cambiamenti che coinvolgono anatomia e funzionamento del cuore.

Lo stesso termine viene usato tanto per gli adattamenti che subisce chi pratica esercizio aerobico (ad esempio corsa o ciclismo ad alta intensità), quanto in coloro che si dedicano invece al sollevamento pesi, che in realtà sono almeno in parte differenti.

I cambiamenti cardiaci che si osservano nelle donne sono in genere inferiori a quelli degli uomini, ma da un punto di vista generale, rispetto al resto della popolazione, in un atleta

  • Il cuore è più grande.
  • Le pareti del cuore sono più spesse.
  • Le camere cardiache sono leggermente più grandi.

Questo aumento delle dimensioni, nonché l’ispessimento delle pareti, si osserva soprattutto in soggetti che si allenino più di un’ora al giorno tutti i giorni e rappresentano la risposta dell’organismo alla necessità di pompare una quantità maggiore di sangue per ogni battito cardiaco, condizione dettata dall’esplosivo aumento delle richieste durante la pratica dell’attività fisica.

Ma non solo, il maggiore volume di sangue mosso per ogni battito permette di adottare una frequenza cardiaca minore (il cuore batte più lentamente), ovvero un polso più lento e più forte, che non di rado esita anche nello sviluppo di un cosiddetto soffio cardiaco, un caratteristico rumore innescato dal sangue che scorre attraverso le valvole cardiache: se normalmente dal punto di vista medico questo può essere suggestivo di una patologia valvolare (ad esempio una valvola che non chiude bene), i soffi nel cuore di un atleta sono perfettamente normali e non pericolosi.

Altra curiosità interessante: il battito cardiaco di una persona con il cuore d’atleta può essere irregolare a riposo, ma diventa un orologio svizzero quando inizia l’esercizio: come si dice, quando il gioco si fa duro… .

La pressione sanguigna è invece tipicamente sovrapponibile ai valori della popolazione generale in salute.

Quindi tutto bene, giusto?

Sì, tutto bene, anche se da un punto di vista anatomico i cambiamenti che sviluppa il tessuto cardiaco assomigliano davvero molto a quelli caratteristici di patologie cardiache, come nel caso di cardiomiopatia ipertrofica ed insufficienza cardiaca. Abbiamo già detto che i soffi sono piuttosto indicativi di malfunzionamenti delle valvole ed un battito irregolare nel soggetto non sportivo si chiama aritmia e raramente è una bella notizia.

Prima di fare qualche altra considerazione, sgombriamo però subito il campo da equivoci perché il manuale MSD è molto chiaro in proposito:

  • Il cuore, comprese le valvole, nello sportivo funzionano normalmente.
  • Non si registra un aumento del rischio di infarto o di altri disturbi cardiaci.
  • Non si avvertono sintomi di alcun tipo, tanto che la diagnosi di cuore d’atleta viene in genere formulata in caso di visite mediche condotte per altre cause.

SINTOMI E CONSEGUENZE

Cosa comporta il cuore d’atleta nell’organismo dell’individuo? In primo luogo abbiamo una situazione legata alla bradicardia, ovvero un’aritmia (comportamento anomalo del cuore) in cui il battito appare rallentato rispetto alla norma, solitamente 60 bpm al minuto per un individuo adulto. Altra circostanza del cuore d’atleta è la già citata cardiomegalia, ovvero l’aumento volumetrico del muscolo cardiaco.

Spesso questa possibilità è legata a patologie differenti come la cardiomiopatia dilatativa o l’anemia, ma nel caso degli atleti il cuore ingrossato non è altro che il naturale adattamento alla condizione di continuo sforzo a cui viene sottoposto il muscolo. A tutto ciò è collegato anche un aumento del calibro delle arterie e del flusso ematico in corrispondenza dell’attività sportiva di resistenza o anaerobica.

In altre parole, lo sforzo fisico impone al corpo umano un adattamento del sistema cardiocircolatorio che riguarda sia apparati periferici (arterie, vene, capillari) sia centrali. Vale a dire il cuore umano.

 

 

DIAGNOSI

Alla luce della somiglianza con patologie cardiache, non dobbiamo dimenticare gli sporadici casi di sportivi professionisti che periodicamente salgono in modo drammatico alla ribalta delle cronache per problemi cardiaci tipicamente congeniti; in presenza di rilievi anomali è quindi del tutto auspicabile andare alla ricerca della conferma certa dell’assoluta benignità della condizione e per farlo è in genere sufficiente sottoporsi all’elettrocardiogramma. Anche in questo caso quello che si osserva è un tracciato con anomalie, se consideriamo la popolazione generale, ma il cardiologo od il medico sportivo sono in grado di distinguerne la benignità alla luce della condizione fisica del soggetto.

Potrebbe invece essere necessario approfondire ulteriormente in caso di specifici segni o sintomi lamentati dal paziente, ad esempio dolore al petto o palpitazioni; in questi casi spesso un’ecocardio è sufficiente a dirimere la situazione e solo raramente è necessario ricorrere alla risonanza magnetica cardiaca.

Tecnicamente quindi la diagnosi di cuore d’atleta è una diagnosi ad esclusione, ovvero che richiede l’esclusione sistematica di tutte le altre condizioni in grado di spiegare le modifiche rilevate.

La principale differenza tra il cuore di un individuo che fa sport e uno che presenta un funzionamento anormale? Semplice, nel primo caso il muscolo cardiaco e le valvole funzionano normalmente.

La persona soggetta a questa condizione di adattamento non ha un rischio di infarto superiore o altri disturbi pericolosi. Inoltre non presentano sintomi rilevanti. Ecco perché il cuore dell’atleta, spesso, si manifesta durante screening di routine o quando si presentano sintomi non collegati.

In buona sintesi, il cuore dell’atleta non è pericoloso e non è la causa della morte cardiaca improvvisa durante o subito dopo un allenamento che si verifica principalmente a causa della cardiomiopatia ipertrofica, una malattia genetica. Non è richiesto alcun trattamento ma di sicuro è necessario monitorare la condizione per avere sempre sotto controllo eventuali sovrapposizioni di sintomi.

Correre nel bosco

Shutterstock/Jacob Lund

COME SI CURA IL CUORE D’ATLETA?

Domanda retorica, non si cura.

Non è necessario alcun trattamento perché c’è un’ultima caratteristica che differenzia in modo sostanziale il cuore ingrossato dall’attività fisica, rispetto al cuore ingrossato a causa di una patologia cardiaca: la reversibilità.

Quando un atleta interrompe l’allenamento, le modificazioni che abbiamo descritto gradualmente tendono a regredire, dimensioni del cuore e frequenza cardiaca ritornano gradualmente a valori basali, anche se potrebbero servire settimane o addirittura mesi.

 

 

Ecco, questa è la chiave usata dagli specialisti per distinguere quei pochi casi in cui persistano dubbi residui sulla natura del cambiamento; la sospensione dell’allenamento consente di verificare la scomparsa degli adattamenti coinvolti, segno inequivocabile che non c’è altro sotto.