Semaglutide, il farmaco anti- diabete al centro di una pericolosa «moda» (lanciata qualche mese fa sui social dalle star di Hollywood e personaggi come Elon Musk che ha causato anche una carenza del farmaco in tutta Italia a danno dei pazienti diabetici) sul suo utilizzo per la perdita di peso (ma con effetti collaterali anche pesanti), avrebbe effetti positivi nel ridurre i sintomi dell’insufficienza cardiaca (o scompenso cardiaco). Sono i risultati dello studio STEP-HFpEF , presentato al Congresso della European society of cardiology in corso ad Amsterdam e pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Un trattamento con l’agonista del recettore del GPL-1 semaglutide causa, in soggetti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata (HFpEF) e obesità, un miglioramento della sintomatologia e della capacità funzionale e una maggiore perdita di peso.

Sono appena stati presentati a ESC Congress 2023, il meeting annuale dell’European Society of Cardiology a cui ho partecipato dal 24 al 28 agosto ad Amsterdam, i risultati del trial randomizzato STEP-HFpEF.

Risultati che, come ha commentato il principal investigator Mikhail Kosiborod del Saint’s Luke Mid America Heart Institute di Kansas City nel corso della conferenza stampa di presentazione – “indicano chiaramente che l’obesità non è solo una comorbidità nei pazienti con HFpEF, ma anche un meccanismo causale e un target terapeutico”.

Lo studio ha reclutato pazienti con scompenso cardiaco e obesità provenienti da 96 centri distribuiti in 13 Paesi di Asia, Europa, Nord-America e Sud-America. In particolare, sono stati presi in considerazione soggetti con frazione di eiezione uguale o superiore al 45%, body mass index uguale (BMI) o superiore a 30 kg/m, con una classe NYHA tra II e IV e un KCCQ-CSS inferiore a 90 punti.

Questi sono stati randomizzati per ricevere una somministrazione settimanale di semaglutide 2,4 mg o un placebo per 52 settimane. Gli endpoint primari dello studio erano costituiti dalle variazioni, dalla prima alla 52esima settimana, in termini di KCCQ-CSS e perdita di peso.

Sono stati inclusi nell’analisi 529 pazienti, (età media di 69 anni, 56,1% di donne) con un peso medio di 105,1 kg e un BMI medio di 37,0 kg/m2. Il 66,2% di loro era in classe NYHA II e il 33,8% in classe III o IV, mentre i risultati al KCCQ-CSS e la performance al 6MWK erano rispettivamente pari in media a 58,9 punti e 320 metri.

Entrambi gli endpoint primari dello studio sono stati raggiunti: rispetto al placebo, semaglutide è risultato associato a un miglioramento significativo dei sintomi legati allo scompenso cardiaco al KCCQ-CSS (16,6 vs 8,7; p<0,001) – già riscontrabile alla 20esima settimana di trattamento – e a una maggiore riduzione del peso corporeo (-13,3% vs -2,6%; 9<0,001).

Sono poi stati presi in considerazione tre endpont secondari confermatori: i cambiamenti nella performance al 6MWT, l’occorrenza di una misura composita gerarchica di morte, eventi di scompenso cardiaco e variazioni ai test KCCQ-CSS e 6MWT e, infine, le variazioni dei livelli di proteina C reattiva (CRP).

Il trattamento con semaglutide è risultato associato a un miglioramento maggiore della performance al 6MWT (21,5 metri rispetto agli 1,2 metri nel gruppo placebo; p<0,001) e, sebbene lo studio non fosse disegnato per rilevare differenze negli outcome clinici, a risultati migliori nei confronti previsti dall’endpoint composito gerarchico.

Inoltre, l’agonista del recettore del GPL-1 ha prodotto una riduzione più consistente dei livelli di CRP (-43,5% vs. -7,3%; p<0,001) e, secondo quanto emerso da un’analisi esploratoria, solo un paziente nel gruppo sperimentale è andato incontro a un evento di scompenso cardiaco (ospedalizzazione o visita urgente) rispetto ai 12 del gruppo placebo.

Per quanto riguarda la sicurezza, infine, sono stati registrati eventi avversi gravi nel 13,3% dei pazienti trattati con semaglutide e nel 26,7% di quelli sottoposti al placebo (p<0,001).

“Si tratta del primo trial che ha dimostrato l’efficacia di un agente farmacologico studiato per l’obesità nel trattamento dello scompenso cardiaco HFpEF – ha concluso Kosiborod – e l’entità dei benefici che abbiamo osservato superano qualsiasi quelli relativi a qualsiasi altro farmaco studiato per lo scompenso a frazione di eiezione preservata”.

La semaglutide è un potente agonista del recettore del glucagone-like-peptide-1 che ha dimostrato di produrre una sostanziale perdita di peso nelle persone con eccesso ponderale e in quelle con obesità. Lo studio STEP-HFpEF ha testato l’ipotesi che nei pazienti con HFpEF e obesità il trattamento con semaglutide potesse migliorare significativamente i sintomi, le limitazioni fisiche e la capacità di esercizio, oltre a produrre una perdita di peso.

Lo studio

STEP-HFpEF è stato uno studio clinico di fase II (quindi richiede una conferma in uno studio di fase 3) randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo condotto in 96 centri in 13 paesi in Asia, Europa, Nord America e Sud America. Lo studio ha coinvolto 529 pazienti. L’età media era di 69 anni e il 56,1% erano donne. Due gli «obiettivi» (endpoint) principali prefissati: cambiamento dei sintomi e delle limitazioni fisiche correlate allo scompenso cardiaco, dopo 52 settimane; peso corporeo. Entrambi gli obiettivi sono stati raggiunti. Per quanto riguarda il peso, in particolare, è stata registrata una diminuzione del 13,3% con semaglutide rispetto al 2,6% ottenuto con placebo. Anche i cosiddetti «endpoint» secondari hanno evidenziato miglioramenti in indicatori complementari di qualità di vita, capacità funzionale e biochimici.

L’impatto sulla pratica clinica

Il ricercatore principale, Mikhail Kosiborod del Saint Luke’s Mid America Heart Institute di Kansas City, ha dichiarato: «Nei pazienti con HFpEF e obesità, il trattamento con semaglutide 2,4 mg ha prodotto importanti miglioramenti dei sintomi, delle limitazioni fisiche e della capacità di esercizio, ha ridotto l’infiammazione e ha comportato una maggiore perdita di peso e un minor numero di eventi avversi gravi rispetto al placebo. A nostra conoscenza, questo è il primo studio su un agente farmacologico che mira specificatamente all’obesità come strategia di trattamento per l’HFpEF e l’entità dei benefici osservati è la più ampia riscontrata con qualsiasi terapia farmacologica nell’HFpEF».

«Questo risultato avrà probabilmente un impatto significativo sulla pratica clinica, soprattutto per la scarsità di terapie efficaci in questo gruppo di pazienti vulnerabili. Riteniamo che questi risultati dovrebbero anche cambiare la natura della discussione sul ruolo dell’obesità nell’HFpEF, poiché i risultati di STEP- HFpEF indicano chiaramente come l’obesità non sia semplicemente una comorbidità nei pazienti con HFpEF, ma una causa principale e un obiettivo per l’intervento terapeutico», ha concluso.