TROPPO FREDDO (E CALDO) AUMENTANO IL RISCHIO DI INFARTO,ICTUS E SCOMPENSO CARDIACO

Gli sbalzi termici a cui assistiamo sempre di piu’ e soprattutto in questo periodo non sono sicuramente piacevoli al nostro cuore e apparato circolatorio, ecco il risultato di una ricerca pubblicata su Circulation.

Punto primo: sarebbe più pericoloso il freddo del caldo, per chi ha acciacchi a cuore e arterie. Ma in ogni caso, le pazzie del termometro che si susseguono come figlie dei mutamenti climatici possono impattare pesantemente sul benessere cardiaco. Non ci credete? Andate a leggervi i risultati di un’analisi che ha preso in esame in diverse nazioni i decessi registrati in quattro decenni nei giorni in cui le temperature raggiungevano i picchi massimi o facevano rabbrividire e ne avrete la conferma. Lo studio mostra che le curve termiche estreme inducono il massimo numero di morti aggiuntive, soprattutto nei soggetti che affrontano lo scompenso cardiaco. Ma più in generale la ricerca, pubblicata su Circulation, rivela la sensibilità dell’apparato circolatorio alle bizzarrie del termometro. E invita alla prudenza, per evitare che gli sbalzi possano scatenare problemi.

 

Quanto pesa il freddo

Il numero dei morti e le oscillazioni delle temperature sono stati considerati nel 2,5% dei giorni più freddi e più caldi nelle diverse città coinvolte nell’analisi, rispetto ovviamente a quanto si è registrato nelle giornate con temperature ottimali. I numeri sono allarmanti: per ogni 1.000 decessi cardiovascolari, nei giorni molto caldi l’eccesso di morti è stato di 2,2 in più. Ma nelle giornate di freddo estremo si è arrivati a superare i 9 decessi in eccesso. Il maggior numero di decessi aggiuntivi è stato riscontrato per le persone con insufficienza cardiaca (2,6 decessi aggiuntivi nei giorni di caldo estremo e 12,8 nei giorni di freddo estremo). Insomma.

Un decesso su 100 attribuibile al freddo

Secondo quanto segnala uno degli autori dell’indagine, Haitham Khraishah dell’Università del Maryland, si arriva al punto che “un decesso cardiovascolare su cento potrebbe essere attribuito a giorni estremi e gli effetti della temperatura erano più pronunciati quando si osservavano i decessi per scompenso”.  Proprio chi affronta questa cronicità deve quindi prestare attenzione ai cali drastici delle temperature. Sempre secondo l’esperto, infatti, “una persona su quattro con insufficienza cardiaca viene riammessa in ospedale entro 30 giorni dalla dimissione e solo il 20% dei pazienti con insufficienza cardiaca sopravvive dieci anni dopo la diagnosi”.

 

Una ricerca ad ampio respiro

Per giungere a queste conclusioni gli esperti hanno analizzato i dati sanitari di oltre 32 milioni di decessi cardiovascolari verificatisi in 567 città in 27 paesi tra il 1979 e il 2019. I dati sono stati tratti dal Multi-Country Multi-City (MCC) Collaborative Research Network, consorzio che riunisce epidemiologi, biostatistici e scienziati del clima che studiano gli impatti sulla salute del clima e dei relativi fattori di stress ambientale sui tassi di mortalità. Tra le proposte degli esperti, si punta ad individuare meccanismi di allarme mirati e strategie di protezione per chi è maggiormente vulnerabile, come i cardiopatici.

Rischio infarto con il freddo

Qualche tempo fa, in Svezia, un’altra ricerca si è presa la briga di provare a controllare il rapporto perverso tra infarti, angina e termometro. Stando a quanto è stato pubblicato su Jama Cardiology dagli esperti dell’Università di Lund, esiste una correlazione stretta tra temperatura esterna e rischio cardiaco. Se la lancetta si avvicina a zero gradi crescono gli attacchi cardiaci, che invece tendono a ridursi se si risale verso i 5 gradi. Secondo lo studio, in particolare, un incremento termico di circa 7 gradi si traduce nel 2,8 per cento di riduzione del rischio di infarto mentre salgono dolori al petto e altri sintomi se si cala intorno agli zero gradi. Come se non bastasse, va detto, a peggiorare la salute del cuore in inverno ci si mettono anche i virus, che “stancano” l’organismo obbligandolo ad un superlavoro per rintuzzare l’infezione e quindi incrementano ulteriormente i pericoli.

 

Attenzione al mattino

Pur considerando le variazioni soggettive, quanto più scende la temperatura tanto più aumenta la vasocostrizione sia venosa che arteriosa. Mentre sul tono dei vasi venosi il freddo non produce effetti particolarmente negativi, per il sistema arterioso è un fattore che determina importante costrizione dei vasi. Ciò può indurre un significativo aumento della pressione arteriosa che in soggetti già affetti da ipertensione arteriosa può dar luogo ad un notevole aggravamento e a picchi ipertensivi che a loro volta possono aggravare situazioni di precario compenso cardiaco.

Non è uguale per tutti

Sia chiaro: c’è differenza tra l’organismo di un giovane in perfetta forma e il sistema circolatorio di chi ha già dei meccanismi di riserva non particolarmente efficaci, come può accadere ad esempio nelle persone maggiormente fragili. Ed è altrettanto evidente che esiste anche una sorta di “cronografo” delle 24 ore che batte il tempo dei rischi per il cuore. I pericoli sono maggiori (e gli sforzi intensi dovrebbero essere evitati se non ci si sente al top) ad esempio nelle primissime ore della mattina, quando il corpo si sta “risvegliando” dal torpore notturno e la classica “botta di freddo” può scatenare una serie di reazioni per nulla piacevoli.