SCOMPENSO CARDIACO : CAUSE,SINTOMI,DIAGNOSI E TERAPIA

L’aumento della vita media, con il conseguente invecchiamento della popolazione, grazie anche all’ affinamento delle metodiche diagnostiche e alla maggior efficacia terapeutica, hanno portato all’inevitabile incremento di malattie croniche. Tra queste le cardiopatie.
Quando tali malattie rendono il cuore incapace di soddisfare le richieste metaboliche dell’organismo, si può manifestare lo scompenso cardiaco.
Lo scompenso cardiaco (o insufficienza cardiaca) è una sindrome, cioè un insieme di sintomi, caratterizzata da un decorso cronico, progressivamente ingravescente, interrotto da fasi di instabilizzazione e associato ad un’elevata morbilità e mortalità.

Oggi, tuttavia, ci sono possibilità di trattare i disturbi, rallentarne la progressione e di migliorarne l’evoluzione.

Cos’è lo scompenso cardiaco?

L’incapacità del cuore di contrarsi (sistole) e/o di rilasciarsi (diastole) in maniera adeguata a soddisfare le richieste della periferia –  fornire un’adeguata irrorazione ai tessuti e agli organi vitali – comporta i sintomi che caratterizzano lo scompenso cardiaco.
Si può quindi identificare uno scompenso prevalentemente sistolico e uno prevalentemente diastolico, ma nella maggior parte dei casi entrambe le componenti sono presenti.
L’apparato cardiovascolare è costituito dal cuore (fatto da tessuto muscolare, valvole e un sistema elettrico che lo attiva) e dai vasi.

Il cuore è di fatto l’insieme di due pompe che lavorano contemporaneamente:

  • il ventricolo destro, che riceve sangue scarsamente ossigenato dalla periferia, mediante le vene, e lo invia nei polmoni a ossigenarsi, nel cosiddetto piccolo circolo (circolazione polmonare)
  • il ventricolo sinistro che riceve il sangue ossigenato dal polmone e lo spinge in periferia a irrorare gli organi e i tessuti mediante la “grande circolazione”.

 

L’incapacità del / dei ventricoli di accettare il sangue refluo dalla periferia (diastole), o di spingerlo in avanti (sistole) comporta un accumulo di sangue a monte dei ventricoli e un ridotto flusso a valle. Ne consegue che l’accumulo a monte “congestiona” i polmoni e/o la periferia (addome, arti inferiori: scompenso detto congestizio) e la scarsa irrorazione a valle determina una facile faticabilità e riduzione della propria performance fisica, con incapacità a sostenere anche sforzi che di solito sono abituali.

 

La classificazione “clinica” dello scompenso cardiaco proposta dall’American Heart Association considera 4 stadi:

  • stadio A: pazienti “ad alto rischio” di sviluppare insufficienza cardiaca senza ancora presenza di alterazioni strutturali del cuore (es. iperteso senza terapia adeguata)
  • Stadio B: pazienti che ancora non hanno sintomi, ma che presentano già modificazioni strutturali del cuore
  • Stadio C: pazienti che hanno sintomi e modificazione strutturali del cuore
  • Stadio D: pazienti con insufficienza cardiaca conclamata, in evoluzione verso una fase terminale

Cause

Che cosa succede al cuore quando non è più in grado di rilasciarsi o di contrarsi, cioè di avere una disfunzione diastolica o sistolica?
Se una o più strutture del cuore che comprendono il muscolo cardiaco (miocardio) uno o più apparati valvolari (valvola mitrale o valvola aorta soprattutto) o il sistema elettrico che stimola il cuore, si deteriorano, si può manifestare una disfunzione dell’organo che diviene insufficiente.

I disturbi possono manifestarsi anche molto tempo dopo che il danno è avvenuto e possono presentarsi in modo più o meno graduale.
Un esempio tra i più comuni è lo scompenso dovuto a una cardiopatia “post-infartuale”.

La chiusura improvvisa di una coronaria che irrora il muscolo cardiaco è responsabile dell’evento acuto: l’infarto miocardico. La cicatrice residua può renderlo incapace di contrarsi e di rilasciarsi in maniera efficace: il paziente manifesterà i disturbi propri dello scompenso cardiaco anche molto tempo dopo l’infarto, soprattutto se non corregge i fattori di rischio che l’hanno provocato.

Lo scompenso cardiaco è l’evoluzione finale comune a molte malattie del cuore anche molto diverse tra loro.

Ci sono cause più frequenti:

  • esiti dell’infarto miocardico (cardiopatia ischemica)
  • conseguenze di un’ipertensione arteriosa mal controllata.

Ci sono poi cause meno frequenti:

  • malattia del muscolo cardiaco, dove infiammazioni o infezioni danno una miocardite oppure
  • malattia del muscolo cardiaco senza una causa identificabile, che portano ad eccessiva dilatazione del/dei ventricoli a dare una cardiomiopatia dilatativa, detta anche idiopatica o primitiva.
  • malattia delle valvole: dovuti al malfunzionamento di una valvola a dare un’insufficienza valvolare (rigurgito) oppure a un restringimento della valvola (stenosi). Più frequenti sono la insufficienza della mitrale e la stenosi della valvola aortica. La prima, l’insufficienza mitralica, provoca un rigurgito di sangue dal ventricolo all’atrio sinistro (il sangue torna in parte da dove è venuto) e la seconda, la stenosi aortica, ostacola la fuoriuscita del sangue dal cuore. Esistono anche infezioni delle valvole, che portano alla distruzione della valvola colpita.
  • Cause meno frequenti di scompenso cardiaco sono dovute a un accumulo di sostanze nelle pareti del cuore o a un esagerato ispessimento delle stesse.
  • Esistono infine malformazioni congenite del cuore, già presenti alla nascita.

Sintomi dello scompenso cardiaco: quali sono i disturbi che si manifestano più frequentemente?

Non sempre i sintomi dello scompenso cardiaco si manifestano da subito e in modo chiaro.

Un’insufficienza cardiaca “acuta” si presenta con una dispnea (mancanza d’aria) più o meno rapidamente ingravescente, che può portare sino all’edema polmonare acuto (improvvisa incapacità del ventricolo sinistro di pompare il sangue in periferia, provocandone il ristagno a monte e cioè nei polmoni): può addirittura avvenire una fuoriuscita di liquido nelle cellette polmonari di solito piene d’aria (alveoli), sede dello scambio gassoso tra anidride carbonica e ossigeno.

Un’insufficienza cardiaca “cronica” può manifestarsi in modo più subdolo. Comunque, uno dei sintomi più tipici è la dispnea  (fame d’aria).
Si può lamentare un’iniziale dispnea per sforzi che fino a poco tempo prima erano abituali.
La dispnea può comparire poco dopo essersi coricati (ortopnea), a volte si associa a tosse stizzosa che costringe il paziente a mettersi seduto, rendendogli difficile il riposo notturno.

Per la dispnea c’è una classificazione che ne esprime la gravità.

La classificazione NYHA :

  • Classe. I :    asintomatici
  • Classe II:    dispnea per sforzi ordinari
  • Classe III:   dispnea per sforzi inferiori all’ordinario
  • Classe IV : dispnea a riposo

Altri sintomi frequenti sono il facile affaticamento (per lo scarso flusso di sangue nei tessuti e negli organi periferici)  e l’astenia  (fiacchezza persistente). Frequentemente, poi, in corso di scompenso, il paziente lamenta un’accelerazione della frequenza cardiaca (cardiopalmo).

 

Segni clinici:

Edemi (gonfiore) inizialmente alle caviglie e poi risalenti al ginocchio e oltre, che alla pressione lasciano un’impronta detta “fovea”.

Sensazione di addome teso per possibile accumulo di liquidi a livello delle pareti intestinali e nell’addome, con riduzione dell’appetito e disturbi digestivi, dolenzia addominale e aumento della circonferenza vita.

Altra conseguenza, nelle fasi più avanzate dello scompenso, è l’ingrandimento del fegato (epatomegalia) e il turgore giugulare con dilatazione visibile delle vene del collo (le vene giugulari).

Questi ultimi segni sono tipici dello scompenso cardiaco congestizio.

Se si avvertono questi sintomi, o si notano questi segni, che potrebbero pur sembrare generici, è meglio non aspettare e sottoporsi ad accertamenti per verificarne la causa.

Diagnosi

La prima cosa da fare è rivolgersi al proprio medico, che è in grado di raccogliere un’attenta anamnesi e verificare la presenza dei sintomi sospetti per scompenso.
A seguire si dovrà effettuare una valutazione clinica, iniziando con una visita accurata, che possa cogliere i segni dello scompenso cardiaco.

Nel sospetto di un’insufficienza cardiaca verranno proposti alcuni esami:

Esami ematici:

  • la presenza nel sangue di una sostanza secreta dal muscolo cardiaco stesso quando è sottoposto a stress, può essere di grande aiuto per la diagnosi: si tratta del peptide natriuretico atriale (BNP)
  • la valutazione della funzione renale, della concentrazione di sodio e di potassio
  • la valutazione della funzione epatica 
  • la presenza di anemia 
  • la valutazione della funzione tiroidea

È necessario fare poi ulteriori approfondimenti diagnostici, mediante una visita cardiologica

  • L’elettrocardiogramma può evidenziare segni di un infarto misconosciuto, ipertrofia del ventricolo sinistro, alterazioni del ritmo del cuore.
  • L’ecocardiogramma può mostrare un’alterata capacità di pompa del cuore, un suo ingrandimento (aumento del volume cardiaco) oppure una disfunzione valvolare; grazie a questo esame non invasivo, poi, si possono valutare la qualità dei flussi di sangue nelle cavità cardiache e le pressioni sia all’interno del cuore che nel circolo polmonare.

 

Una volta posta la diagnosi di scompenso cardiaco, se ne deve identificarne con precisione la causa e di grande utilità risulta la registrazione dei seguenti esami:

  • Coronarografia, per capire se ci sono dei restringimenti o delle occlusioni delle arterie coronarie
  • Risonanza Magnetica, che definisce al meglio la struttura del cuore e la sua funzione

Trattamento

Esistono varie terapie, spesso da utilizzare in associazione l’un l’altra.

Terapia farmacologica

  • Diuretici: sono farmaci che cercano di rimuovere i liquidi accumulati in eccesso per la ritenzione idrica messa in atto dal rene in conseguenza del deficit di pompa del cuore (molto utilizzata la furosemide/Lasix).   I diuretici alleviano i sintomi della congestione riducendo l’edema sia a livello polmonare che nei tessuti in periferia.
  • Betabloccanti:   mettono  il cuore ‘a riposo’, riducendo lo stimolo dovuto all’adrenalina che si trova in alte concentrazioni in caso di scompenso cardiaco, controllando la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca.
  • ACE inibitori e antagonisti recettoriale dell’angiotensina II o sartani: sono vasodilatatori che contrastano gli effetti di alcune sostanze come l’angiotensina che si attivano durante lo scompenso cardiaco e che producono vasocostrizione con aumento delle resistenze periferiche affaticando ancor più il cuore.
  • Antialdosteronici: diuretici che fanno risparmiare potassio (in contrasto con gli altri diuretici che lo disperdono) e contribuiscono alla riduzione della fibrosi ( irrigidimento) del muscolo cardiaco.
  • ARNI: anch’essi vasodilatatori di recente introdotti nella pratica clinica e favorenti l’aumento della concentrazione di peptidi natriuretici, sostanze che contribuiscono al miglior funzionamento del sistema cardiocircolatorio.
  • Meno utilizzata è la vecchia digitale che mantiene una certa efficacia nel migliorare la forza del cuore e nel controllo della frequenza cardiaca in caso di fibrillazione atriale.
  • Antiaritmici: utili per limitare le aritmie gravi, che nello scompenso cardiaco possono verificarsi ed essere pericolose per la vita e gli anticoagulanti per prevenire la formazione di coaguli all’interno del cuore

Terapia interventistica

In caso di malattia delle coronarie (diagnosticata con la coronarografia) si possono utilizzare metodiche di rivascolarizzazione mediante Angioplastica e impianto di stent per mantenere le coronarie aperte.
Nei casi più gravi di malattia coronarica può essere necessario sottoporre il paziente a un by pass aorto-coronarico. La riapertura di una o più coronarie, garantisce una maggiore irrorazione (ossigeno e nutrimento) del muscolo permettendo un notevole recupero funzionale.
In altre situazioni può essere necessaria la sostituzione o la riparazione di una valvola cardiaca; in particolari casi, dove il cuore è particolarmente deformato e con volumi aumentati, si può ricorrere a una tecnica chirurgica chiamata di Reshaping, che contribuisce al miglioramento della performance del cuore.   Tale intervento richiede una particolare competenza del cardiochirurgo e del centro dove la si pratica.

 

Terapia elettrica

Nel caso si presentino disturbi gravi del ritmo cardiaco, per i quali il cuore rallenta troppo o si manifestino aritmie potenzialmente pericolose per la vita (come la tachicardia ventricolare o la fibrillazione ventricolare) si può procedere all’impianto rispettivamente di pacemaker o di un defibrillatore automatico impiantabile (AICD). Tali procedure, la cui scelta è fatta dopo analisi attente da parte dei cardiologi, servono a prevenire la morte improvvisa e a favorire una migliore contrazione del cuore (terapia di “resincronizzazione”: defibrillatore con stimolazione biventricolare).

 

Stile di vita

L’attenzione allo stile di vita, il controllo quotidiano del peso corporeo e della pressione arteriosa, oltre alla costante e attenta assunzione della terapia, sono elementi essenziali per la cura dell’insufficienza cardiaca. L’obiettivo è di ridurre i sintomi, migliorare la qualità di vita dei pazienti, rallentare l’evoluzione della malattia, riducendo le frequenti recidive e conseguenti ospedalizzazioni.
Per realizzare questo non basta l’assistenza medico – infermieristica, peraltro molto importante in una malattia così complessa, ma è fondamentale la collaborazione delle persone vicine al paziente.
Oggi esiste poi un’altra opportunità, ovvero la “Telemedicina“: con un contatto telefonico o con un’assistenza diretta a domicilio, cardiologi e infermieri accompagnano il paziente e i familiari affinché la gestione del paziente, che non sempre è facile, possa usufruire di un più facile contatto con l’ospedale di fiducia.

 

Cosa mettere in atto per ottenere una migliore qualità di vita?

 

1. Assumere con attenzione la terapia consigliata e migliorarla con l’aiuto del cardiologo e del medico di famiglia.

 

2. Limitare l’apporto di liquidi
3. Evitare alimenti troppo salati, che fanno trattenere liquidi (dieta iposodica)
4. Controllo quotidiano del peso corporeo: un rapido incremento del peso (es. due chili in tre giorni) deve essere un segnale d’allarme (che può richiede l’incremento del diuretico)
5. Controllo quotidiano, mediante auto-misurazione, della pressione arteriosa che fornisce anche indicazione del numero dei battiti del cuore.
6. Ascoltarsi e guardarsi:

  • incremento progressivo del peso
  • tosse fastidiosa, stizzosa soprattutto dopo essersi sdraiati
  • improvvisa fatica nel respirare facendo sforzi abituali
  • senso di tensione addominale, gonfiore alle caviglie prima non presenti
  • dolore al torace particolarmente intenso che insospettisce soprattutto chi ha già sofferto di un infarto miocardico
  • accelerazione del polso con sensazione di cuore in gola

 

7. Non dimenticare l’attività fisica, moderata, ma costante, meglio se tutti giorni con passeggiate  – senza  esporsi al caldo o al freddo eccessivo ed evitando di farlo subito dopo pranzo – oppure con la cyclette ad effetto frenante ridotto,  oppure ancora svolgendo  leggeri lavori domestici come giardinaggio ecc. Mai affaticarsi troppo!

 

8. Non sono da trascurare le vaccinazioni proposte (da eseguire in fase di stabilità clinica):

  • antiinfluenzale
  • antipneumococcica (soprattutto per i broncopatici)