DOTTO DI BOTALLO PERVIO : CHE COS’E’ , COME DIAGNOSTICARLO E QUAL E’ LA MIGLIOR TERAPIA

Si parla di dotto arterioso pervio (DAP) quando il vaso sanguigno che collega arteria polmonare e aorta (dotto arterioso) non si chiude come avviene di solito poco dopo la nascita. Si definisce dotto arterioso pervio la mancata chiusura del normale canale tra arteria polmonare e aorta al momento della nascita.

CHE COS’È
Il dotto arterioso di Botallo mette in comunicazione l’aorta con l’arteria polmonare (Fig. 1). Durante la vita fetale, questa connessione permette una corretta ossigenazione del feto. Il dotto arterioso si chiude generalmente in maniera spontanea entro 3 giorni dalla nascita. Quando quest’ultimo non si chiude, si parla di dotto arterioso pervio. Questa evenienza è particolarmente frequente nei nati pretermine, in particolare quelli che vengono definiti “extreme preterm” ovvero i piccoli nati tra la 24esima e 28esima settimana di gestazione e caratterizzati da un basso peso alla nascita.

CIRCOLAZIONE FETALE E RUOLO DEL DOTTO ARTERIOSO
Il feto non utilizza i polmoni ma la placenta materna come fonte di ossigeno e nutrienti. Grazie alla placenta, il sangue ossigenato, detto anche sangue “pulito”, raggiunge il feto attraverso il cordone ombelicale, in particolare tramite la vena ombelicale. Questo, transita velocemente nel fegato e attraverso il dotto venoso di Aranzio raggiunge la vena cava inferiore, mischiandosi così direttamente al sangue venoso, detto anche “sangue sporco”, proveniente dagli organi al di sotto del diaframma come fegato e intestino. Questo sangue misto o “artero-venoso” raggiunge il cuore destro e, attraverso il forame ovale pervio che mette in comunicazione l’atrio destro con l’atrio sinistro, il sangue entra direttamente nel cuore sinistro. Dal ventricolo sinistro, grazie all’aorta, raggiunge gli organi periferici per ossigenarli e portare i nutrienti. La quantità di sangue che non passa attraverso il forame, scenderà dall’atrio destro nel ventricolo destro e verrà spinto nell’arteria polmonare. La gran parte del sangue misto contenuto nell’arteria polmonare verrà dirottato, tramite il dotto arterioso di Botallo, direttamente nell’aorta e raggiungerà ugualmente gli organi periferici. Una piccola quota di sangue misto raggiungerà lo stesso i polmoni, ma questo non comporterà nessuna modifica, in quanto durante la vita fetale non sono i polmoni a procurare l’ossigeno necessario, bensì la placenta.

CHIUSURA DEL DOTTO ARTERIOSO ALLA NASCITA
Un evento determinante che caratterizza la nascita, è la separazione del feto dalla placenta e la riorganizzazione della circolazione. Il neonato non ha più bisogno di tutte le connessioni tra la circolazione sistemica (proveniente dall’aorta) e quella polmonare (proveniente dall’arteria polmonare), dato che è ormai capace di procurarsi ossigeno da solo, mediante la respirazione, e non più attraverso la placenta. Dopo il primo pianto, i polmoni si espandono, diventando capaci di scambiare ossigeno ed anidride carbonica tra l’ambiente e la circolazione. Così, le connessioni come il dotto arterioso di Botallo, il forame ovale e il dotto venoso si chiuderanno spontaneamente. Il sangue, una volta raggiunto il ventricolo destro, può raggiungere i polmoni per ossigenarsi, tornare al cuore sinistro e raggiungere gli organi periferici, come l’encefalo, l’intestino, i reni e i surreni.

MANCATA CHIUSURA DEL DOTTO ARTERIOSO
In alcune condizioni il dotto arterioso di Botallo rimane “pervio“, non si chiude, determinando un maggiore afflusso di sangue dalla circolazione sistemica detta anche “circolazione sinistra” verso la circolazione polmonare o “circolazione destra“. Il passaggio di sangue dalla “circolazione sinistra” alla “circolazione destra” viene solitamente indicato come “shunt” o “shunt sinistro-destro“.
Per capire meglio, dobbiamo immaginare il dotto arterioso di Botallo come un piccolo tubicino che mette in comunicazione due sistemi con pressioni diverse. Al momento della nascita, la circolazione sistemica (la “circolazione sinistra“) è caratterizzata generalmente da pressioni più elevate, e la circolazione polmonare (la “circolazione destra“), è generalmente caratterizzata da pressioni più basse. Attraverso questo tubicino – il dotto arterioso di Botallo – il sangue fluirà da dove abbiamo una pressione più alta a una più bassa, quindi da sinistra verso destra. Di conseguenza, per via di questa comunicazione il sangue ossigenato tornerà nuovamente ai polmoni, sottraendo così sangue “pulito” alla circolazione sistemica. Questo, se protratto nel tempo, potrà provocare un minor apporto di ossigeno agli organi periferici, come il cervello, l’intestino, i reni e i surreni. Allo stesso tempo, una maggiore quantità di sangue raggiungerà i polmoni e questo determinerà un maggior apporto di liquidi provocando una condizione detta di “iperafflusso polmonare” che, se non trattata, potrebbe sfociare in edema polmonare.
Alcune volte questo determinerà delle conseguenze negative sul bambino, altre volte invece questa comunicazione sarà considerata “salva-vita” a causa di una cardiopatia congenita sottostante.

COME SI MANIFESTA
Lattanti e bambini con un piccolo dotto arterioso pervio, generalmente non presentano sintomi mentre i sintomi sono presenti più spesso nei piccoli nati pretermine. Più il dotto è piccolo e meno importanti saranno i sintomi; al contrario, un dotto “ampio” necessiterà di un monitoraggio stretto, specialmente nei pazienti più piccoli per età gestazionale e peso.
La sintomatologia verrà causata in parte dall’iperafflusso polmonare, ovvero dall’eccesso di liquidi nei polmoni, e in parte dall’ipoafflusso sistemico, ovvero dal minore afflusso di sangue ossigenato agli organi periferici che andranno incontro ad “ipossia” ovvero ad un ridotto apporto di ossigeno.
I sintomi di “iperafflusso polmonare” si manifestano con una scarsa alimentazione, uno scarso accrescimento e difficoltà respiratoria. Clinicamente vi sarà un’accelerazione del battito cardiaco e della frequenza respiratoria, dovuti all’eccesso di liquidi nel polmone. Il prolungato iperafflusso polmonare, contribuirà inoltre ad aggravare la malattia polmonare cronica tipica del grave pretermine.
I sintomi da “ipoafflusso sistemico” possono venire dalla sofferenza degli organi periferici che ricevono meno sangue ossigenato. I vari distretti potranno andare incontro ad un quadro di “insufficienza” determinando condizioni come l’enterocolite necrotizzante (grave sofferenza intestinale), un quadro di insufficienza renale o danni cerebrali, come quelli causati da emorragie o ischemia. Tutto questo influirà negativamente sul delicato equilibrio che spesso caratterizza questi piccoli neonati.
Il medico rileverà all’ascoltazione del cuore un soffio continuo, polsi periferici pieni o scoccanti con un’ampia pressione differenziale (ovvero un’ampia differenza tra la pressione sistolica e la pressione diastolica). Alcune volte rileverà ingrossamento del fegato (epatomegalia). L’aspetto generale sarà descritto come edematoso, vale a dire “gonfio”.

COME SI FA LA DIAGNOSI 
L’ecografia permette di pervenire alla diagnosi. La radiografia del torace e l’elettrocardiogramma (ECG) sono tipicamente normali.  Nelle fasi più avanzate compariranno una prominenza dell’atrio sinistro, del ventricolo sinistro e dell’aorta ascendente, con accentuazione della trama vascolare polmonare; l’ECG potrebbe mostrare un’ipertrofia ventricolare sinistra.

QUANDO È UTILE IL DOTTO ARTERIOSO PERVIO
ln alcune condizioni, come in alcune cardiopatie congenite, il dotto arterioso potrebbe rappresentare un salva-vita. Ad esempio, nella coartazione aortica (Figura 2), una condizione caratterizzata da restringimento grave dell’aorta discendente, il sangue ossigenato non riesce a raggiungere gli organi periferici inferiori a causa di questo ostacolo. In questo caso, la presenza di un dotto arterioso pervio permette al sangue misto di raggiungere ugualmente la circolazione sistemica e di ossigenare i tessuti periferici.

COME SI CURA
Anzitutto: il dotto arterioso deve essere sempre trattato?
Nel neonato, la persistenza del dotto arterioso, in assenza di una cardiopatia congenitaandrà discussa con un team multidisciplinare composto da neonatologi, cardiologi e cardiochirurghi.
La chiusura del dotto arterioso andrà infatti valutato caso per caso, discutendo la sintomatologia, valutando la crescita ed i dati ecocardiografici. La terapia potrà prevedere un approccio medico o chirurgico che, tuttavia, possono comportare importanti conseguenze negative.
Per questo motivo, quando la sintomatologia è lieve, si preferisce attendere la chiusura spontanea del dotto arterioso.
In alcuni casi, invece, quando i sintomi sono evidenti, non è possibile attendere la chiusura spontanea del dotto e si ricorre quindi a una terapia farmacologica o a una terapia chirurgica. La terapia farmacologica prevede l’impiego di farmaci specifici (per esempio l’ibuprofene, inibitori della sintesi delle prostaglandine), che hanno come effetto collaterale principale l’aumentato rischio di sanguinamento.
Qualora la terapia medica non si dimostrasse efficace o se vi fossero controindicazioni al suo impiego, il dotto arterioso verrà legato chirurgicamente.
Nel caso di un dotto “salva-vita“, quindi per ciò che riguarda le cardiopatie congenite, il trattamento consisterà nella correzione della patologia sottostante, ove possibile.