ATTENZIONE AGLI ALCOOLICI SE SOFFRITE DI FIBRILLAZIONE ATRIALE

Il classico bicchiere di vino al giorno, se proprio volete e il cardiologo è d’accordo, potete concedervelo.

Ma se soffrite di fibrillazione atriale, l’aritmia più frequente soprattutto (ma non solo) nelle persone avanti con gli anni, dovreste evitare ogni tipo di cin-cin.

A segnalare i rischi legati all’eccesso del consumo di bevande alcoliche è una ricerca coordinata da Boyoung Joung della Yonsei University di Seul, in Corea, apparsa su Europace, rivista dedicata alle tamatiche aritmiche della Società Europea di Cardiologia (ESC). Stando allo studio, che ha preso in esame quasi 9500 persone con diagnosi di fibrillazione atriale seguita in 18 diversi nosocomi del Paese asiatico, dimostra infatti che con due bevande alcoliche al giorno (ed ovviamente se si cresce nei consumi la situazione peggiora) crescono i rischi di diverse patologie, prima tra tutte l’ictus cerebrale. L’attenzione alla tematica deve essere massima perché proprio la fibrillazione atriale, se non adeguatamente riconosciuta e trattata, può di per sé far aumentare anche fino a cinque volte il pericolo di sviluppare un ictus.

La ricerca, in particolare, ha suddiviso i soggetti inseriti nello studio in quattro diverse categorie, in base al consumo di alcolici: si parte dagli astemi o da chi comunque si “bagna le labbra” solo occasionalmente per arrivare fino a chi raggiunge o supera le 14 dosi ogni settimana, caratteristica tipica dei forti bevitori. I consumatori “pesanti” di alcolici sono risultati l’8,7 per cento della popolazione in esame, contro quasi quattro su cinque che si sono dichiarati astemi o comunque bevitori occasionali. Seguendo i soggetti per quasi un anno e mezzo, gli esperti hanno notato che considerando come eventi significativi l’ictus, l’Attacco ischemico transitorio o TIA, l’embolia e i ricoveri per problemi aritmici o per scompenso cardiaco, i rischi sono risultati ben più elevati nei forti consumatori di alcolici rispetto agli astemi e a chi beveva comunque meno. Il tasso di incidenza, ovvero il numero di eventi di questo tipo ogni 100 persone per anno nella popolazione in studio, è risultato di 6,73, 5,77, 6,44 e 9,65 rispettivamente per i bevitori assenti/raro, leggeri, moderati e pesanti.

Calcolando il rischio di aventi gravi in base alla quantità di alcolici, si è visto che il consumo di alcolici pesanti è stato associato a un aumento del rischio del 32 per cento rispetto agli astenuti e ai bevitori rari. Un ultimo dato che fa riflettere, l’eccesso di consumo di alcolici è stato particolarmente pericoloso per chi aveva un basso rischio di sviluppare ictus, facendo aumentare i pericoli proprio in questa popolazione. Insomma: dagli esperti giunge il messaggio che se il classico bicchiere al giorno può essere accettabile e non aumenta i pericoli, l’eccesso di alcolici per chi soffre di fibrillazione atriale può rivelarsi particolarmente problematico e va evitato.

Come nasce l’aritmia

La fibrillazione atriale è un’aritmia cardiaca caratterizzata da una completa irregolarità dell’attivazione elettrica degli atri, due delle quattro camere cardiache. In presenza di tale anomalia, le normali contrazioni atriali vengono sostituite da movimenti caotici, completamente inefficaci ai fini della propulsione del sangue. Inoltre il battito cardiaco diviene completamente irregolare.

Il motivo? Viene a mancare il controllo del ritmo cardiaco da parte del suo naturale segnapassi, chiamato nodo del seno, che viene invece rimpiazzato da altre aree degli atrii. Per questo si altera il battito cardiaco, con gli atrii stessi che si contraggono in modo scoordinato e disorganizzato, con il ritmo percepibile al polso che diventa irregolare e spesso più rapido. Col tempo questa situazione tende a deteriorare la funzione cardiaca e anche l’attività di spinta del sangue verso l’organismo che il muscolo cardiaco normalmente esercita. Durante l’aritmia viene a mancare quindi un’efficace contrazione atriale. Le camere atriali sono praticamente immobili e progressivamente si dilatano.

L’attività elettrica atriale rapida (fino a > 400 battiti al minuto) viene condotta come di consueto ai ventricoli attraverso il nodo atrio-ventricolare, che filtra e riduce la frequenza degli impulsi che lo attraversano. La frequenza ventricolare risulta essere comunque elevata, in genere intorno ai 150-160 battiti al minuto in assenza di terapia, con frequenze istantanee che possono superare i 200 al minuto.

Le conseguenze della perdita della funzione meccanica dell’atrio e quindi del suo contributo al riempimento del ventricolo, variano da soggetto a soggetto. In tutti i casi la situazione va seguita e studiata caso per caso, soprattutto per tenere sotto controllo il rischio di ictus e di scompenso cardiaco e per il pericolo di peggiorare la prognosi dei pazienti con fattori di rischio cardiovascolare.