Allarme fibrillazione atriale per i giovani

Vita stressante, carenza di sonno, abuso di alcolici e uso di sostanze stupefacenti. E’ allarme per la diffusione fra i più giovani della Fibrillazione atriale, un’aritmia normalmente molto diffusa e appannaggio degli over 70 (10 per cento),  e invece ora sempre più diffusa nei giovani.

In Europa la FA colpisce circa sei milioni di persone, in Italia 700 mila con 60 mila nuovi casi all’anno. Autorevoli evidenze come il Framingham Heart Study (Lancet, 2009) – ampia ricerca realizzata a Framingham (USA) con lo scopo di individuare le persone a rischio nella popolazione e le strategie preventive – dimostrano che nel corso della vita un individuo su quattro va incontro a FA, a causa di fattori quali invecchiamento generale, diabete, ipertensione, obesità e patologie cardiovascolari.

Si possono distinguere diverse tipologie di FA:

  • Fibrillazione atriale di primo episodio;
  • Fibrillazione atriale parossistica (durata inferiore ai 7 giorni);
  • Fibrillazione atriale persistente (durata superiore ai 7 giorni);
  • Fibrillazione atriale permanente (durata superiore a 1 anno);
  • Fibrillazione atriale ricorrente (sia di tipo parossistico che persistente).

Dal punto di vista clinico, nei soggetti giovani la FA è rappresentato dalle comorbidità associate (rischio tromboembolico in primo luogo) e dall’effetto sulla mortalità.

Il trattamento da utilizzare nei giovani è una profilassi antitrombotica, indicata qualora siano presenti fattori di rischio aggiuntivi con l’introduzione dei nuovi anticoaugulanti orali (NAO).

Per prevenire le recidive aritmiche negli ultimi anni si è assistito ad un crescente interesse della comunità scientifica verso la ricerca della migliore strategia di trattamento della fibrillazione atriale. In particolare, il dibattito si è accentrato da un lato sulla necessità di prevenire le recidive aritmiche rispetto al semplice controllo della risposta ventricolare e, dall’altro, sulle tecniche emergenti per la cura non-farmacologica dell’aritmia.

Nei pazienti con episodi infrequenti e ben tollerati di FA, un trattamento discontinuo con farmaci antiaritmici, assunti solo in concomitanza delle recidive aritmiche, si è dimostrato estremamente efficace nel ripristino del ritmo sinusale in acuto e nella riduzione delle ospedalizzazioni, a fronte di una bassa incidenza di effetti indesiderati.

Questa strategia terapeutica sembra particolarmente attraente anche nei pazienti giovani in cui l’assunzione continuativa di farmaci è meno accettata sia sul piano psicologico che per gli eventuali effetti indesiderati.

Un trattamento cronico deve essere invece considerato nei pazienti con plurime recidive aritmiche a carattere parossistico/persistente. Il razionale per il controllo del ritmo cardiaco risiede nel fatto che il mantenimento del ritmo sinusale può migliorare i sintomi, prevenire la disfunzione ventricolare, ridurre il rischio embolico e, in ultima analisi, migliorare la sopravvivenza. Tuttavia, ad eccezione della riduzione dei sintomi, non vi è evidenza dagli studi ad oggi eseguiti che questi obiettivi siano effettivamente raggiungibili. Storicamente, sono stati utilizzati farmaci antiaritmici di diverse classi con risultati discreti (efficacia superiore rispetto al placebo), talora vanificati da pesanti effetti indesiderati della terapia. Un esempio per tutti è rappresentato dall’uso della chinidina che, in una metanalisi degli studi pubblicati, si associa ad un aumento della mortalità nei soggetti trattati. L’amiodarone è il farmaco maggiormente efficace nonostante una maggiore frequenza di sospensione della terapia per effetti indesiderati.

Non a caso, la più bassa efficacia dei farmaci antiaritmici viene riportata quando vengono utilizzate registrazioni ECG di lunga durata. Nel paziente giovane i farmaci antiaritmici dovrebbero essere prescritti soprattutto in considerazione della loro sicurezza tenendo conto della maggiore durata del trattamento rispetto ai soggetti anziani. Quindi, nei soggetti senza cardiopatia organica, malattie dei canali (es. sindrome di Brugada) o disturbi della conduzione intraventricolare, i farmaci antiaritmici vanno utilizzati in prima battuta e sicuramente preferiti all’amiodarone; esso andrebbe riservato nei casi i cui sia dimostrata una disfunzione ventricolare sinistra o nei soggetti refrattari ad altri trattamenti. Nei casi in cui l’insorgenza della FA sia legata all’ipertono adrenergico o vagale, un farmaco betabloccante o la disopiramide (dotata di azione vagolitica) potrebbero essere considerati adatti.

Un aspetto da non sottovalutare è l’attività fisica, la quale diminuisce il rischio di malattie cardiovascolari intervenendo sul profilo lipidico, abbassando la pressione arteriosa e riducendo l’indice di massa corporea. Per la maggior parte delle malattie cardiovascolari esiste una relazione dose/effetto tra l’attività fisica e l’esito di malattia: maggiore è la frequenza, la durata e l’intensità di attività fisica, maggiori sono i benefici sulla malattia.

La Fibrillazione Atriale  nel giovane, anche se in misura minore di quella nell’anziano, ha un impatto significativo in termini socio-sanitari che può giustificare l’implementazione di trattamenti relativamente aggressivi finalizzati al controllo stabile del ritmo cardiaco. La ricerca in questo campo ha dati e conoscenze sia in campo fisiopatologico che clinico, che hanno portato allo sviluppo di tecniche ablative in grado di offrire promettenti risultati in follow-up di breve/medio termine (da confermare comunque attraverso opportuni studi clinici randomizzati). I farmaci antiaritmici, qualora non controindicati, offrono i migliori risultati nel trattamento discontinuo dei giovani con episodi infrequenti di FA. Infine, il trattamento anticoagulante orale deve essere intrapreso anche nei giovani quando siano presenti fattori addizionali di rischio tromboembolico.